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Petrella

   
Per me è oltre, solo un po’ oltre, gli abituali confini. Superiamo l’incrocio con Ripalimosani, l’incrocio con Montagano, l’incrocio con Matrice. E’ una mattina feriale di fine inverno o inizio primavera, non so, il paese è deserto, assolato. Le ombre nere e nette, il cielo blu denso come in un’estate della mia infanzia. Lasciamo la macchina sul bordo di un marciapiede basso, pulito, sgombro. Non c’è niente di diverso in questo paese. Il silenzio, quello si, è antico. Il campanello della scuola suonerà all’una. Massimo conosce il bar. Alle pareti legno chiaro a listelle, meticolosamente inchiodate, il bancone lucido, alberi di patatine fritte, il vassoio verde militare, il marchio teutonico in bianco lattice. Al banco la birra e una ciotola di palle colorate punteggiate di polvere blu. Le stecche scelte con finta sapienza simulando il gesto con cui i vecchi marinai saggiano i legni in quei romanzi marinari. Il biliardo è nella stanza sul retro e, anche se è riscaldato, oggi sa di fresco. E’ una partita comoda, golosamente lenta, pensata e giocata in un tempo remoto in cui avevamo più tempo. Tiri lunghi e morbidi, corse soffici sul panno verde. Fuori tutto il paese tace, paralizzato sull’orlo di una buca. Non è mai stata così lunga e confortevole l’attesa di una campanella di scuola. Eccoci, persi in un B-movie americano, gli stranieri appena scesi da una macchina nera che ingannano il tempo prima che la banca chiuda, mentre i vecchi dondolano sulle sedie masticando tabacco. Ma si, con qualche piccola variante, siamo proprio in un film americano di serie B. L’ultima palla non vuole scendere. Corre su e giù come una cavia da laboratorio. Massimo sembra un orologiaio con le sue dita da uccello esotico. Ma è ora d’uscita. Scendiamo lenti verso l’edificio della scuola. Nessuna macchina. La Signora Maestra è lì che ci aspetta. Una manciata di bambini risucchiati via in un gentile fruscio dentro le casette basse, accompagnati da nonni contadini abbronzati e scavati, un velo di barba dura e bianca. Noi intanto portiamo via la Signora Maestra lasciandoci indietro il grano prematuramente disseccato al sole.
Il film è finito. E’ stato il giorno dopo, se non ricordo male, che abbiamo cominciato a invecchiare.
Ah, dimenticavo. Al biliardo, come al solito, ho perso io.
 
       
                       
Leopoldo
 

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