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Ero
andata a trascorrere il fine settimana dalla mia compagna di banco, a
Duronia, come spesso facevo da quando era iniziata la scuola. Era inverno,
la neve arrivava alle ginocchia, avevo sedici anni, ero innamorata ed
ero felice.
Quel sabato sera Silvana aveva deciso che dovevamo starcene da sole. Saremmo
andate a dormire in casa di una vecchia zia, che non l’abitava più
da tempo. E così fu. Dopo aver cenato a casa sua uscimmo, il freddo
era glaciale, ridevamo e ci spingevamo nella neve. Quando arrivammo lei
infilò la grossa chiave di ferro nella serratura, salimmo una ripida
scala e ci trovammo direttamente nella camera da letto. Non c’era
nessun tipo di riscaldamento, era arredata con mobili antichi di noce
scuro e c’era una porta. L’aprii. Per un attimo rimasi disorientata:
che ci faceva un bagno ultramoderno tutto specchi e luci blu effetto night
– un misto tra il kitsch e lo psichedelico – in una casa antica
come quella? In fretta indossammo il pigiama, lottando contro il gelo
che ci bloccava perfino i movimenti. Ci infilammo nel vecchio letto matrimoniale,
sotto una enorme coltre di coperte imbottite - 10 per l’esattezza
- avendo cura di poggiare sul comodino un bicchiere d’acqua.
Restammo a parlare. Non so quanto. Silvana mi ubriacava e mi appagava,
dicendomi che ero la ragazza più fortunata del mondo, perché
il ragazzo più bello, più intelligente, più “contro”
del momento, si era innamorato di me. Il sonno dovette vincerci e quando
mi risvegliai era notte fonda, avevo il corpo paralizzato dal freddo e
l’unica cosa che il peso delle coperte riusciva a fare era bloccarmi
la circolazione.
Cominciai a contare le ore, i minuti, poi i secondi e alle cinque del
mattino, con uno sforzo indicibile, mi alzai, in un lampo mi rivestii
e svegliai Silvana. Dovevamo andare a casa sua , davanti al camino acceso,
con sua madre che ci avrebbe preparato caffelatte e zabaione. Un’altra
irripetibile domenica insieme ci attendeva. Un giorno di festa nel diario
della mia storia.
Quando uscimmo dalla stanza guardai il bicchiere sul comodino: l’acqua
non c’era più, al suo posto un unico blocco di ghiaccio.
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