Di
Campodipietra vorrei raccontare una delle strade per arrivarci, che
a mio parere è una delle più belle del Molise. Essa si
allunga quasi in linea retta per chilometri e chilometri, tra la periferia
di Campobasso e Campodipietra, dolcemente salendo e riscendendo in un
susseguirsi di prati immensi, praticamente priva di ogni tipo di traffico.
Vi sbocciano qui e là rade case coloniche, la maggior parte antiche
e bellissime, incorniciate da piccole macchie di querce ed abeti.
Ma la cosa strana è che questo altopiano smisurato (e sostanzialmente
identico a cento anni fa), è in realtà a brevissima distanza
dalla città e dalle drammatiche deturpazioni della sua periferia,
come se fosse sfuggito per caso ad una guerra condotta nei pressi. Ne
ho scoperto la ragione. Questi spazi furono usati, proprio all’epoca
dell’espansione edilizia cittadina degli anni cinquanta e sessanta,
come territorio da utilizzare per l’acquisizione di terreni da
accorpamento. In pratica chi lottizzava in città aveva a disposizione
le terre delle contrade che lungo questa strada si avvicendano ( Camposarcone,
Feudo, ecc.) per espandere le cubature laddove il terreno effettivamente
a disposizione fosse stato insufficiente. Il risultato fu questa specie
di città fantasma, dove i terreni sono intatti perché
la loro area fu occupata da palazzi costruiti altrove. Di quell’armeggiare
restano da una parte le memorie scritte, su montagne di carte ammuffite
in qualche segreta dei palazzi amministrativi; dall’altra rimane
questa specie di monumento all’assenza, che ha dato inopinatamente
luogo ad uno dei parchi più incontaminati, ignoti e splendenti
del Molise. Speriamo che quelle carte non vadano presto perdute o perdano
semplicemente di significato.