Il mestiere di pittore si può svolgere ovviamente in molteplici modi, come tutte le attività umane. Anche nell’approccio del singolo artista, si possono annoverare varie tecniche, sistemi, prassi. Di solito la mia maniera predilige la produzione seriale a tema, ma anche no. Talvolta le serie hanno una densità relativa, come per esempio quelle solamente disegnate, oppure realizzate ad acquerello. Alcune opere vengono prodotte, ad esempio, perché una singola immagine si impone all’immaginazione come approdo finale di una lunga ricerca. Altre scaturiscono dal puro desiderio di pasticciare con i colori, e così via. L’instabilità esistenziale degli anni più recenti ha inoltre concentrato le serie compiute in periodi assai limitati, lasciando il tempo restante preda dell’incertezza e spesso, come si può immaginare, anche della sfiducia. Tuttavia, in quel tempo apparentemente inutile, trascorso in gran parte a cercare di capire le stranezze della psicologia umana con l’aiuto di Jung e dei suoi allievi (senza mai riuscirci), qualcosa pure è stato prodotto. Ho deciso pertanto di creare una pagina del sito espressamente dedicata alle opere isolate, alle serie brevissime o di relativa importanza. Faccio questo non per rendere evidente chissà quale percorso, né per rintracciare una linea che alla fine conduce da un punto all’altro di una esistenza. Anzi. Ciò che emerge, io credo, sono semplicemente frazioni di caos, che trovano una possibile leggibilità solo all’interno delle singole immagini, come ricordi frammentari e casuali, contenuti in una forma solo dall’equilibrio dei colori, o dall’affetto di una esperienza vissuta. Foto, scattate col sole o le nuvole, al mattino e anche di notte.
Ho cercato di corredare alcune immagini di uno scritto esplicativo, che racconti brevemente i contenuti, talvolta astrusi, che sono stati alla base della loro concezione. Il periodo preso in esame parte dall’inverno del 2011 e arriva alla primavera del 2017.
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La Luna Torna.
acrilico su tela 50x40
(primavera 2017)
Ogni tanto, per fortuna, la luna torna nella sua interezza. |
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Una Melusina.
acrilico su tela 70x50
(primavera 2017)
Propongo una interpretazione (un po’ eccedente) di un bassorilievo antico, inserito nella muratura esterna della piccola chiesa di S. Michele, tra Bojano e la sua Civita.
L’immagine potrebbe, forse, essere una rappresentazione arcaica della Melusina, un essere fantastico raccontato in molte storie sparse per il mondo, fin dai tempi più antichi. Conobbe una intensa ribalta nelle fiabe e nei bestiari medioevali, ed è presente anche nelle chiese romaniche molisane.
Da quel poco che ho potuto capire, leggendo le tante pagine dedicate all’analisi di questa figura da parte di Jung nel suo volume “Studi sull’Alchimia”, si tratterebbe di una rappresentazione dell’Anima femminile, metà essere umano, metà serpente, pesce o drago, simile alle Sirene e alle Ninfe. Essa è legata e messa in relazione alle sorgenti, all’acqua, all’umido, ma anche e soprattutto alla vegetazione, agli alberi, alla capacità della donna di procreare e fruttificare, come gli alberi nella terra. È accomunata persino al serpente della bibbia, e infine a Lilith, immagine mesopotamica della donna notturna, lunare, temibile e indipendente.
Simbolo, per questi riferimenti, anche degli aspetti oscuri, inconoscibili e sacri, che la terra custodisce nelle sue profondità, come il mistero stesso dei cicli stagionali, della morte e della resurrezione, la Melusina si offre come mediazione ancora viva tra la coscienza umana e la Terra Madre, con la sua perenne capacità di richiamo e accoglienza, energie disponibili e incessante rinnovamento. |
(vedi immagine originale) |
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Paesaggi della trasformazione.
(inverno 2016-2017)
Questa brevissima serie prende spunto nel titolo dalla monumentale opera di Jung, Simboli della Trasformazione. I dipinti nascono con lo scopo di rendere visibile il trasfondersi delle forme naturali l’una nell’altra. Nel loro fluire, esse attraversano stadi in cui è possibile, con l’immaginazione umana, scorgere delle strutture che assumono fugacemente un senso compiuto, quasi come le visioni di un sogno.
Si tratta soltanto di un gioco, tecnicamente definito pareidolia, basato sull’automatismo creativo dell’inconscio, teorizzato (e irrigidito) dalle teorie surrealiste, ma già presente, come vena sotterranea, in tutta la storia dell’arte, in maniera più o meno cosciente. Leonardo stesso raccomandava di esercitare l’immaginazione provando a riconoscere forme compiute nelle macchie sui muri. Il vedere forme riconoscibili nelle nuvole si basa sullo stesso principio.
Non sarà difficile, per chiunque, intendere le principali coordinate dell’intera serie. Il fluire della luce nell’oscurità; l’apparizione di esseri ultramondani che nuotano in uno spazio cosmico; animali, alberi, acqua e terra. Aria e nuvole, tante nuvole. Tutto è mescolato. Ma l’emergere di immagini definite rimanda sempre a simboli di spessore ancestrale, per quanto di significato assai incerto. Qualcuno, forse, potrà sentire risuonare anche dentro di sé l’eco lontana di queste visioni. |
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Il Ritorno delle Muse.
acrilico su tela, 50x70
(inverno 2016) |
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"Un Gioco da Bambini"
Theatrum Chemicum ad Altilia
acrilico su tela 150x100
(autunno 2016)
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Nell’immagine sono condensati alcuni motivi che provengono dalla sapienza alchemica: il Re, la Regina, i bambini che giocano (Sale, Zolfo, Mercurio), la Pietra Filosofale (l’oggetto sospeso in alto). L’ambiente è quello storicamente già destinato alle rappresentazioni provenienti dell’immaginazione, il teatro di Altilia.
Si parla, attraverso queste figure, del processo di trasformazione che ogni essere umano deve imparare a percorrere lungo la propria esistenza mortale. Gli Alchimisti lo chiamavano anche “il Gioco da Bambini”, per alludere ironicamente (e amaramente) alla sua quasi insuperabile difficoltà di realizzazione. Per riuscire, si devono seguire i ritmi e le tappe necessarie che la natura insegna e rivela, attraverso i sogni e la sapienza degli antichi. Lo scopo finale sarà quello di superare il conflitto tra gli opposti (gli innumerevoli dilemmi a cui la vita ci costringe), mediante la congiunzione metaforica tra maschile e femminile. Ciò significherà conoscere la natura della coscienza solare del Re opposta a quella notturna e inconscia della Luna, la Regina.
D’aiuto, in questo lavoro (Opus), saranno le forme energetiche differenti che si rivelano nelle figure rappresentate dai bambini.
Sal, il Sale, la materia sublimata in cenere spirituale; è il bambino intento a edificare una struttura (trarre un senso dagli eventi con il sale della sapienza).
Sulphur, lo Zolfo, che incarna lo Spirito, il quale incendia la materia grezza e la fa volare come un fumo sacro verso l’alto; è il bimbo disteso, sognante, immerso nell’immaginazione interiore.
Mercurius, il Mercurio, che, in quanto Anima, infonde con la mutevolezza del sentimento passione ad ogni attimo di vita; è la bambina, femminile e ricettiva come sua madre, Regina e Luna.
In alto, sospeso sulle teste, un oggetto che rassomiglia ad una roccia lavica, nera, ma anche percorsa da bagliori. È la Prima Materia, simbolo enigmatico dell’Opera, che si trasforma da materia vile e inanimata in Spirito volatile, riproducendo l’atto della creazione primigenia del mondo ad ogni istante. Lampi di luce fondono, in un unico turbine, le figure nel teatro e i due angoli del cielo all’imbrunire, che alludono al tramonto (del Sole) e alla notte che sopraggiunge (la Luna). Così che ciò che sta in basso sia come ciò che è in alto.
A questa scena assiste, protettivo, quasi come Vaso Alchemico, il Teatro di Altilia. Esso si manifesta, a noi viventi attuali, proprio come l’esito finale e riuscito di un lungo ed esemplare processo di trasformazione, durato molti secoli, e giunto fino a noi nella grazia della sua forma attuale solo per la cura e l’umile lavoro di chi ci ha preceduti. Con la sua esistenza, ci ricorda, benevolo e severo, l’importanza di tramandare, nella Storia, i concetti della bellezza e del rispetto, anche, possibilmente, a chi verrà dopo di noi.
Per l'appunto: un gioco da bambini.
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Il Re. |
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Mercurio e Regina. |
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Sale, Zolfo, Mercurio. |
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Qui in basso alcuni degli acquerelli realizzati dal vero ad Altilia nell'estate del 2016. |
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Ananke
acrilico su tela, 100x100
(primavera 2016)
Ananke, Necessitas per i latini, è una divinità molto arcaica del pantheon greco, narrata anche da Platone nella Repubblica, come madre delle Moire e ratificatrice imperturbabile del destino individuale. Sarebbe inutile tentare di riassumere concetti che io stesso ho appreso (faticosamente) da altri, soprattutto dalla lettura di questo archetipo condotta da James Hillman, nel suo “Vana fuga dagli dei”. Ma per dare qualche indicazione a chi fosse interessato di intuirne minimamente il senso, l’immagine rappresenta Ananke sotto forma di spire rettiliformi, nel suo viluppo con Chronos, il Tempo. Gli esseri viventi, con la loro incarnazione, precipitano in un destino in parte preordinato, che la stessa Ananke, con i suoi nodi serrati, vigila perché venga rispettato. Eventi casuali, incontri fortuiti, fortune e sfortune, non fanno altro che condurci, passo dopo passo, nel percorso già segnato fin dal principio dalla Necessità.
Hillman cerca di individuare, mediante l’approfondimento dei miti che la riguardano, come anche Ananke, la Causa Errante, possa essere indotta, mediante Peitho, La Persuasione, a rendere meno opprimente quel nodo. Sarà Athena, con la sua lucidità estetica, ad insegnare ad accogliere in una forma l'apparente assurdità del fato, fino a sciogliere in una storia narrabile quel gelido abbraccio che talvolta sembra soffocarci senza rimedio. |
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