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Il Centro della Terra

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Il Centro della Terra” è una serie di dipinti che deriva direttamente da una lettura abbastanza appassionata di Carl Gustav Jung, in particolare del libro che segnò la sua frattura con Freud, cioè Simboli della Trasformazione. Il soggetto principale è la Materia, intesa sia nel senso di materia concreta in tutte le sue accezioni, fino alle complesse e ardite analogie riguardanti la Madre Terra, l’Inconscio, la trasformazione stessa degli Elementi. Si tratta, come si può intuire, di argomenti talmente complessi che ben difficilmente potrebbero trovare senso e spazio nella introduzione ad una serie di dipinti. Tuttavia si può anche comprendere come, da letture ripetute su tali questioni, possano scaturire facilmente altre visioni della realtà, interiore ed esteriore, talmente intense e dirompenti da costringere quasi al bisogno istintivo di una loro rappresentazione. È un meccanismo talmente automatico che lo stesso Jung lo annoverava tra i suoi principali metodi di cura, la cosiddetta “immaginazione attiva”, mediante la quale conduceva i suoi pazienti a descrivere, con la tecnica che meglio padroneggiavano, le immagini che man mano si vedevano lampeggiare davanti allo sguardo interiore.

 

Tali visioni, pur declinate ogni volta in maniera personale, potevano essere ricondotte, per Jung, ad una specie di memoria ancestrale, che egli definiva “inconscio collettivo”. All’interno di esso, proseguendo una tradizione assai antica, secondo il grande studioso si troverebbero i cosiddetti archetipi, cioè le strutture di base della nostra coscienza, comuni ad ogni essere umano. Tra i tanti sentieri che vi si snodano, uno gli appare come centrale: lungo di esso si svolge infatti il progressivo distacco della coscienza umana dal rapporto meramente istintuale con la natura. Tale coscienza, pur apparendo così essenziale e caratteristica della stessa natura umana, sarebbe, in effetti, una conquista talmente instabile e recente, da costituire, anche per gli uomini di oggi, un bene difficile da mantenere e preservare in maniera adeguata. Non solo. La stessa coscienza può essere a sua volta considerata come un grave impedimento alla salute complessiva di un individuo, proprio perché capace di modificare quel profondo legame con gli istinti e la natura cui pure continuiamo ad appartenere, dando luogo a squilibri ancora più tragici.
Insomma, da questa breve disamina, si possono già intuire i tanti e complessi livelli cui il Nostro ci conduce, tra gli innumerevoli miti di ogni cultura e le tante immagini che l’umanità ha creato per descrivere il proprio cammino di barcollante consapevolezza.

 

La serie di dipinti in questione cerca di inserirsi in questa infinita sequela di immagini, spesso semplicemente reinterpretando simboli già noti e ripetutamente sedimentati. Il cuore stesso della ricerca, il “centro” appunto, è la terra, che oltre a darci un appoggio costante per il nostro cammino, è anche un antichissimo luogo metaforico, che riconduce alla nascita stessa della vita e al grembo di una Madre che ci travalica e permane ben oltre la nostra breve esistenza. Rispetto ad essa, i singoli individui umani sono solo scintille e, presto o tardi, essi si estingueranno per lasciare il posto ad altre forme di vita per altri milioni e miliardi di anni. Questa prospettiva, apparentemente così apocalittica, che Jung induceva a considerare attentamente, in realtà viene suggerita come parte integrante del nostro stesso cammino. Pur restando nel piccolo della nostra esistenza di specie, la coscienza che noi faticosamente coltiviamo appare in questa luce come una urgenza che lo stesso cosmo sembra possedere in sé stesso, e che in qualche maniera anche una singola specie come la nostra contribuisce a fare procedere, nel bene e nel male. Quale ruolo spetti a chi si trova a condurre la propria esistenza di singolo, al confronto di proporzioni talmente immense da travalicare ogni possibile misura, è appunto la domanda a cui cerca di dare una risposta Carl Gustav Jung, restituendo alla Terra la sua immane dimensione ancestrale, e all’Uomo il ruolo essenziale di interprete fuggevole del senso stesso del creato, con la sua sete apparentemente inestinguibile di trascendenza e sacralità.

 

 

La terra ci ha visti nascere e ci vedrà svanire. Essa ci ha portato alla coscienza ed essa stessa ce ne priverà. Intanto proviamo, ogni giorno, apparentemente abbandonati e soli, ma mai realmente altro dalla natura stessa, a illuminare, con la nostra piccola immaginazione, l’orizzonte che verrà.